ANTROPOLIS
L'associazione si propone di portare avanti progetti di vario genere, a seconda delle necessità infatti vengono istituite commissioni interne di soci (ordinari e simpatizzanti) che si occupano della ricerca o progetto in questione.
Sono stati portati avanti progetti per convegni, seminari, workshop e laboratori, cicli di lezioni formative per le scuole e per altre realtà associative, cineforum e per ricerche in ambito editoriale.
E' possibile scaricare e consultare "Il laboratorio di Antropologia per le scuole" cliccando sull'icona sottostante.
INTERPRETARE IL RAZZISMO
Il mito della razza nelle produzioni per l’infanzia italiane: fumetti, giochi, libri, figurine ed esposizioni museali.
Marta Villa
In Italia in epoca coloniale ci fu una vasta produzione di letteratura per l’infanzia, di fumetti, figurine e giochi in scatola che, propagandando il mito della razza, permettevano la costruzione di una certa identità bianca in opposizione all’alterità dei colonizzati. Il fumetto avventuroso italiano di ambientazione africana fu strumentalizzato dal regime fascista, con l’impresa coloniale in Etiopia (1935). Gli autori italiani, tenendo d’occhio i già rodati modelli stranieri, si cimentarono quindi con soggetti avventurosi ambientati nei luoghi delle colonie italiane, facendo ricorso ai più tradizionali topoi riguardanti l’immagine degli africani. Lo stesso accadeva nella costruzione delle sale coloniali dei musei che venivano visitate in massa dalle scuole, soprattutto quelle elementari: tutte le esposizioni erano disposte per far risaltare il primato italiano e la supremazia razziale bianca.
L’intervento di taglio storico e antropologico vuole mettere in evidenza il settore poco noto della produzione legata al mondo dei bambini e in particolare il legame stretto tra narrazione,
rappresentazione e aspetti ludico didattici di questi strumenti, malleabili e addomesticabili agli intenti di chi deteneva il potere: la costruzione di un preciso immaginario che aveva come soggetti gli uomini e gli ambienti delle colonie era necessario per evidenziare quanto l’identità italiana fosse solida e migliore. I testi scolastici per bambini, le copertine dei quaderni, i giochi da tavolo hanno presentato l’impresa coloniale italiana con immagini profondamente razziste, ma nello stesso tempo hanno cercato di trasmettere il messaggio che il nostro impero coloniale fosse molto diverso da quello degli altri stati europei (Italiani, brava gente!).
Marta Villa ha conseguito il dottorato in Antropologia delle Contemporaneità presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, è Membro dell’Unità di Ricerca VADem - Valori, Appartenenze, Democrazia del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Trento e ricercatrice dottoranda presso il Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Università della Svizzera Italiana - Accademia di Architettura di Mendrisio. Ha scritto diversi saggi in volumi collettanei riguardo le tematiche delle rappresentazioni identitarie, della costruzione dell’identità italiana, della propaganda razziale per l’infanzia approfondendo l’approccio antropologico. Marta Villa è anche membro del comitato scientifico di Antropolis.
Roberto Lazzaroni
I ghiacci caldi della Lapponia.
Ripercorreremo brevemente alcune tappe della recente storia Sami (dagli anni Cinquanta ad oggi) in ambito musicale seguendo un percorso a tratti parallelo a quello delle battaglie politiche. Gli artisti Sami si sono impegnati in una lotta per l’autoriconoscimento a livello pubblico delle istanze indigene e contemporaneamente in un processo di ricostruzione del patrimonio identitario sami, venuto meno a causa delle politiche nazionalistiche scandinave. Nonostante oggi la Svezia risulti essere uno dei paesi più avanzati sotto molto aspetti, l’ONU e Amnesty International ancora recentemente hanno manifestato preoccupazioni per la capacità di questo popolo indigeno di manifestare i propri diritti all’interno delle decisioni sull’uso delle terre. L’intervento intende mostrare come la musica sia riuscita a smarcarsi da pesanti stereotipi e come ad oggi diventi mediorama e ideorama all’interno di una battaglia sul piano primariamente della dignità. Da pratica all’interno dell’intimità culturale a fenomeno nell’arena pubblica, la musica sami può rappresentare un’arma per affrontare le quotidiane pratiche discriminatorie che vengono portate ai danni di questo popolo.
Roberto Lazzaroni ha conseguito la laurea di primo livello nel 2015 presso l’Università di Pisa in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sull’analisi dell’opera di Leroi-Gourhan sull’arte rupestre paleolitica alla luce delle nuove scoperte archeologiche e dei nuovi paradigmi antropologici in collaborazione con una specialista in archeologia preistorica e un antropologo (Fabio Dei). Attualmente sta conseguendo la laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche press l’Ateneo di Milano Bicocca. Ho effettuato una breve ricerca etnografica in Lapponia per approfondire l’ambito religioso antecedente alla conversione protestante e il fenomeno di conversione forzata successivo. Tale lavoro ha portato alla stesura di un saggio e alla successiva pubblicazione sulla rivista Nuova Economia e Storia. Ho condotto due lezioni su tale area di ricerca e intendo condurre un futuro lavoro di tesi.
Francesco Aliberti
Raccontare l’altro su Facebook. Razzismo e perbenismo nelle narrazioni collettive on-line.
Nei New Media la rappresentazione dell’altro può assumere svariate forme. Attraverso la ricerca etnografica, si affronta il tema rendendo conto di come l’altro venga raccontato all’interno di un gruppo Facebook facente riferimento agli abitanti di un quartiere romano. Qui infatti la rappresentazione dell’altro diventa uno dei punti nevralgici della meta-narrazione del quartiere stesso che viene continuamente performata. Poiché il gruppo impone regole ben precise per vietare argomenti spinosi al fine di evitare furiosi litigi, il tema non viene affrontato direttamente attraverso discussioni politiche o riferite alle tradizioni del posto, ma attraverso un racconto pedissequo delle gesta dei rappresentanti “l’altro” (principalmente ROM o generici “immigrati”). Questi racconti, spesso corredati di fotografie, costituiscono resoconti attorno ai quali si formano discussioni che pongono ogni volta nuovi confini su cosa e come sia “l’altro”. Di queste rappresentazioni si possono osservare principalmente due filoni narrativi: l’altro come simbolo del degrado urbano e dell’impossibilità di un’integrazione, o l’altro “buono e lavoratore”, disposto a veri sacrifici pur di diventare uno di “noi”. Questi stereotipi rinnovandosi continuamente arrivano a costruire un’immagine ben precisa dell’altro e di cosa sia “razzismo”, ma anche di cosa sia “perbenismo”, ritenuto una minaccia altrettanto pericolosa per il quartiere.
Francesco Aliberti è un antropologo culturale, dottorando in tecnica urbanistica presso l’Università Sapienza di Roma nel Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale. Per la sua tesi di laurea ha condotto una ricerca etnografica all’interno di una comunità virtuale, occupandosi di come la particolarità dei New Media e dell’utilizzo della scrittura al loro interno contribuissero a costituire comunità in continua (ri)produzione. Attualmente sta lavorando a una ricerca di dottorato su Roma per osservare come i media digitali vengono utilizzati in rapporto con lo spazio abitato, in particolare osservandoli come strumenti in grado di costruire una narrazione del territorio che è al tempo stesso produzione dello stesso.
Andrea Borella
Bianchi, Europei e Cristiani: lo strano caso del “razzismo” nei confronti degli Amish d’America
Gli Amish sono i membri di una chiesa cristiana anabattista, con le radici nella Riforma Protestante. Emigrarono dall’Europa all’America, a partire dall’inizio del Settecento. Sebbene la loro identità etnica e religiosa sia la medesima della mainstream America, gli Amish sono ancora, nell’America del XXI secolo, vittime di una costante discriminazione a causa delle loro credenze e pratiche. Falsamente accusati di enfatizzare una supposta identità germanica, di rifiutare di dichiarare fedeltà al governo degli Stati Uniti, di evitare rapporti con gli estranei alla comunità, di essere ipocriti e incoerenti, per l’adattabilità delle loro regole, e ripetutamente invitati a “raggiungerci nel XXI secolo”, gli Amish sono costantemente discriminati da una consistente parte della popolazione americana. In questo intervento, basato su un lavoro di campo di lungo termine in diversi insediamenti Amish, analizzo, da una prospettiva antropologica, l’unicità di questa peculiare forma di “razzismo”, che non si sviluppa nei confronti delle minoranze tradizionalmente discriminate negli Stati Uniti, a causa di pregiudizi “razziali”, etnici o religiosi, ma contro gli “whiter-than-white”, “ultra-cristiani”, pacifici, Amish.
Andrea Borella ha conseguito il dottorato in Antropologia presso l'Università di Torino, una Laurea Magistrale in Scienze antropologiche ed etnologiche presso l'Università di Milano- Bicocca e una Laurea Magistrale in Scienze politiche presso l'Università di Milano, è Doctoral Fellow presso l'Elizabethtown College, Elizabethtown, Pennsylvania. Autore di vari articoli scientifici e paper in conferenze internazionali, sui temi della cultura Amish, Cristianesimo americano, Communal societies, antimodernità, decrescita.
Yuika Uchiyama
L’incomunicabilità della comunità cinese - La distanza linguistica come confine etnico
La comunità cinese è, per numero di popolazione e per storia, una delle più importanti presenze straniere sul suolo italiano. Le caratteristiche più evidenti della migrazione cinese sono la sua capacità organizzativa e imprenditoriale, la costruzione di microeconomie interne, e la tendenza all’autoreferenzialità socioeconomica. Tuttavia, difficilmente è stato approfondito il discorso della costruzione dell’identità dei membri della comunità cinese e del ruolo dell’immaginazione nella delimitazione dei confini etnici. Questo articolo intende utilizzare la teoria delle comunità immaginarie di Benedict Anderson (1991) e la teoria dei confini etnici esposta da Fredrik Barth (1969), per esaminare i simboli, la lingua, le ideologie e le usanze che
delimitano la sfera cinese da quella locale, nello specifico nel contesto urbano di Roma, dove l’autrice sta svolgendo una ricerca antropologica in merito all’integrazione delle comunità immigrate. Si tenterà principalmente di dimostrare come la difficoltà nell’apprendimento della lingua italiana contribuisca ad arricchire l’immaginario cinese con visioni stereotipiche della comunità ospitante, creando una struttura etnocentrica fondata sulla convinzione dell’incomunicabilità culturale, e di come tali pregiudizi impediscano spesso una reale comunicazione interculturale.
Yuika Uchiyama, nata a Roma, laureata in Lingue e Civiltà orientali presso l’Università La Sapienza, è attualmente specializzanda in antropologia presso l’Università di Xiamen (RPC). Si sta specializzando in antropologia delle migrazioni, con particolare attenzione alle dinamiche di integrazione dei migranti all’interno delle comunità ospitanti e agli scontri derivanti da resistenze all’integrazione o all’accoglienza. In questo momento sta svolgendo una ricerca sul campo della durata di sei mesi presso l’associazione di volontariato FOCUS – Casa dei Diritti Sociali, partecipando all’insegnamento dell’ italiano L2 rivolto a tutta la comunità immigrata, e gestendo al suo interno anche un corso di italiano specifico per cinesi. Lo scopo della ricerca è comprendere le dinamiche dell’integrazione, i fattori che favoriscono o rallentano tale processo, il ruolo delle associazioni di volontariato nell’inclusione sociale, e infine giungere a formulare delle ipotesi di attività e atteggiamenti che possano contribuire al miglioramento dell’inclusione delle comunità immigrate all’interno della società ospitante.
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Femminismo - Risvolti culturali, antropologici e sociali
Monica Macchi (Associazione Diritti Umani)
Donne, spazio pubblico e confini: il caso del femminismo islamico.
Partendo dal testo di Fatima Mernissi Le sultane dimenticate, si intende tracciare un quadro storico e culturale del ruolo femminile nello spazio pubblico e di come ci si possa accedere solo rispettandone i confini. Verrà poi esaminato come questa peculiarità viene declinata oggi nel e dal fenomeno del cosiddetto “femminismo islamico”.
Monica Macchi è laureata in Scienze Politiche e docente di italiano L2, socia fondatrice di Formacinema e curatrice della sezione “Tahrir Square” sul cinema mediorientale, redattrice di Historia Magistra, curatrice della rubrica “VenerdIslam” sul sito www.peridirittiumani.com dell’Associazione Diritti Umani.
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Veronica Silva Alvarado (Isola Solidale)
Il femminismo andino.
Nell’inconscio collettivo si sono tramandati molti riti, usanze e concetti, come ad esempio nel mondo andino: quando si parla di Pachamama (la Madre Terra) si parla di fertilità, che nella sua fisicità è rappresentata con la donna, colei che dà amore ed è capace di creare una nuova vita grazie a Inti (il dio Sole), che nella fisicità è rappresentato dall’uomo. Nel femminismo andino, a differenza del femminismo occidentale dove si lotta per i nostri diritti, le donne andine lottano per l’unità (solo uniti donne e uomini possono far crescere una nuova vita), per il rispetto della Pachamama: ci sono dei miti che parlano di Mama Huaco, colei che fondò l'impero incaico, nell’inconscio collettivo si è tramandato il ruolo delle donne forti, delle donne che sono i pilastri per la libertà, ci sono state molte donne attive per la lotta della decolonizzazione e anche adesso si parla di un nuovo paradigma con Maxima Acuna, la donna che ha sconfitto una delle multinazionali più ricche al mondo difendendo la Pachamama.
Veronica Silva Alavarado è laureata in scienze politiche, ha una specializzazione in cooperazione internazionale ed è una femminista andina da tre anni, in cui ha partecipato a molti incontri internazionali con femministe sia occidentali sia arabe.
Andrea Panìco (Associazione Jonas Onlus)
Cosa vuole una donna. Sul legame tra psicoanalisi e femminilità.
"Cosa vuole una donna?" è l'interrogativo aperto che costituisce il cuore pulsante della pratica e dello studio della psicoanalisi fin dalle prime concettualizzazioni di Freud. Nell'intervento si declineranno gli elementi che possono contribuire ad una possibile risposta a questa domanda alla luce dell'insegnamento di Jacques Lacan. All'alba degli anni '70, infatti, il maître francese aveva elaborato in merito una teoria che scosse gli animi del femminismo. Superando di fatto le posizioni culturaliste e genetiste, la psicoanalisi interroga la donna dal lato dell'intimità e del piacere. Ciò che ne emerge è la definizione di un godimento, così lo chiama Lacan, diverso, singolare, unico e impossibile da nominare perché sconfinante il linguaggio stesso. Essere donna diventa allora una questione capace di andare al di là dell'ordine del senso, come una poesia, che nel rispetto della forma dice ciò che la parola da sola non sa dire.
Andrea Panìco è psicologo e psicoterapeuta iscritto all'Ordine degli Psicologi della Lombardia, socio dell'Associazione Jonas Onlus e membro dell'Associazione Lacaniana Italiana di Psicoanalisi (ALIpsi), laureato in psicologia clinica presso l'Università degli Studi di Pavia con una tesi sui disturbi alimentari e specializzato in psicoterapia a orientamento psicoanalitico presso l'Istituto di Ricerca in Psicoanalisi Applicata (IRPA) con una tesi sul transfert. Svolge attività clinica con pazienti adulti e adolescenti presso il suo studio privato a Milano e per l'Associazione Jonas Onlus nelle sedi di Milano e Trento. Ha tenuto conferenze e interventi in contesti divulgativi e di settore su argomenti inerenti la propria pratica clinica e la teoria della psicoanalisi. Ha pubblicato articoli su libri e riviste professionali.
Eleonora Macrì (Associazione Quarto Posto)
“Di che genere sei?”: un’indagine etnografica a Quarto Oggiaro con gli/le adolescenti del “quartiere dei ponti”
L’obiettivo di questa etnografia è la conoscenza delle rappresentazioni di genere degli adolescenti di Quarto Oggiaro e di come gli stereotipi possano influenzare le scelte dei soggetti. Mediante l’osservazione partecipante sono state raccolte informazioni sulle rappresentazioni di genere degli adolescenti. È stato realizzato un laboratorio video in una classe dell’Istituto CAPAC di Quarto Oggiaro, il progetto “Di che genere sei?”, volto ad approfondire e analizzare, insieme agli stessi ragazzi e ragazze, le tematiche relative alle rappresentazioni di genere. Attraverso l’analisi critica delle rappresentazioni è stato costruito il lavoro con gli studenti, stimolati a ragionare e aiutati a realizzare un cortometraggio, che ha come obiettivo principale la possibilità di comunicare un messaggio elaborato dai ragazzi stessi. Gli adolescenti che abbiamo conosciuto hanno interiorizzato delle rappresentazioni di genere ricche di stereotipi che agiscono profondamente sulla loro identità, influenzano il loro comportamento e il loro pensiero.
Eleonora Macrì ha conseguito la Laurea Magistrale in Psicologia dello Sviluppo e dei Processi Educativi presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca nell’ottobre 2015. Sta svolgendo il tirocinio post lauream presso l’Università di Milano Bicocca. Dal 2011 lavora presso la Cooperativa Azione Solidale come educatrice domiciliare di minori e disabili e gestisce laboratori e progetti di gruppo. È socia fondatrice dell’associazione Quarto Posto, un’ARCI attiva ogni settimana in piazzetta Capuana a Quarto Oggiaro, dal febbraio 2011.
Armando Toscano (Associazione Antropolis)
Un palco tutto per sé: due sguardi teatrali al femminile
Tra Casa di bambola di Ibsen e Medea di Euripide sono passati quasi millecinquecento anni, eppure le protagoniste, e soprattutto l'idea di donna che rappresentano, posseggono molti tratti in comune. Utilizzando un modello di pregiudizio della psicologia sociale americana abbiamo chiesto a circa cinquanta rispondenti di valutare gli appellativi che nei due drammi vengono rivolti a Nora e Medea, lungo i due assi che secondo Susan Fiske categorizzano le forme di pregiudizio: calore e competenza. Emerge innanzitutto che le due donne, agli occhi degli altri personaggi, appaiono antieroine, e che nei primi atti si trovano a occupare la posizione del pregiudizio di disgusto Medea, del pregiudizio paternalistico Nora. Nella fase dell'incubazione del segreto, sia Medea che Nora si spostano nella posizione del pregiudizio di invidia. Alla conclusione dei drammi, con la messa in atto dei propri piani, l'immagine delle due donne si spacca tra disgusto, ammirazione e invidia. Riflessioni sulle rappresentazioni odierne del femminile, attraverso il modello della Fiske, verranno proposte.
Armando Toscano è libero ricercatore sociale, laureato in Psicologia Sociale e Cognitiva
presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Si occupa in ambito aziendale di consulenza HR, formazione manageriale e ricerca valutativa, in ambito clinico e sociale di ricerca-azione psicoeducativa e counseling. Tiene per l’Università eCampus seminari sulla Storia della Psicologia.
Andrea Borella (Associazione Antropolis)
“Non voglio vergognarmi di essere un maschio bianco”: riflessioni critiche sul femminismo contemporaneo
Proporrò, da una prospettiva antropologica, alcune riflessioni critiche sui paradigmi femministi. Esporrò le più significative teorie di critica al femminismo contemporaneo, che ritengono da rigettare o modificare radicalmente l’epistemologia femminista. Farò poi riferimento a elementi etnografici relativi alla mia ricerca sul campo presso varie chiese del tradizionalismo cristiano, spesso accusate di proporre modelli patriarcali, lesivi della dignità della donna in termini di parità di genere, in particolare il predominio del maschile nell’arena pubblica, con la conseguente impossibilità per il femminile di ricoprire posizioni di vertice o di potere. Infine, cercherò di trovare una sintesi tra le teorie critiche del femminismo e i risultati della mia ricerca antropologica, per offrire alcuni stimoli intellettuali indirizzati ad un ipotetico superamento del femminismo, nell’ottica dello sviluppo di posizioni che, non facendo riferimento a prospettive di genere, siano in grado di fornire analisi potenzialmente più eque e meno ideologizzate.
Andrea Borella, nato a Brescia nel 1976, ha conseguito la laurea vecchio ordinamento in Scienze Politiche nel 2001 presso l’Università Statale di Milano, la laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche nel 2007 presso l’Università di Milano Bicocca e il Dottorato in Scienze Umane nel 2011 presso l’Università di Torino, con una ricerca etnografica sul campo presso gli Amish della Pennsylvania.
Eva Menossi
La visione della donna durante il colonialismo italiano
Attraverso lo studio di materiale letterario e fotografico nel periodo coloniale fascista si evince una visione della donna africana come priva di connotati caratteriali e di pensiero logico. Il mito della “venere nera” copre quella che è l'individualità femminile soggettiva. Da brani del libro “Femmina Somala” scritto da Gino Mitrano Sani e attraverso le fotografie dei fratelli Naretti si evince un puro corpo oggetto, che si confà alla visione fascista della donna di colore. Le immagini di donne nude miravano a invogliare il maschio italiano ad arruolarsi per andare a conquistare un territorio che viene a coincidere con la conquista del corpo femminile. La donna africana nella visione del regime aveva puri connotati sessuali coincidendo con i desideri sessuali repressi degli italiani ed era in contrasto con la visione della donna italiana che veniva relegata nel ruolo di madre di famiglia. Con l'avvento delle leggi razziali tale visione avrà un'ulteriore recrudescenza, in quanto verrà definitivamente sancita l'inferiorità degli autoctoni etiopi e somali su un piano biologico e non più solo culturale, rendendo meno fluida e più cristallizzata la visione di un “noi” e di un “loro” e andando a bloccare ulteriormente ogni tipo di contaminazione culturale. Attraverso il modello del contenuto degli stereotipi proposto da Fiske, Cuddy, Gick e Xu (2002), provo a interpretare come si è costituita l'immagine della donna come puro oggetto di piacere sessuale.
Eva Menossi è nata nel 1984, ha conseguito la laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche presso l'Università Milano Bicocca per proseguire con la laurea specialistica in Psicobiologia del comportamento umano che adotta un paradigma bio-psico-sociale per comprendere il comportamento umano: l'antropologia è dunque parte integrante dei miei studi e del mio modello di riferimento. Numerosi viaggi in Africa sub-shariana l’hanno portata a interessarsi alle culture Altre e al modo di rappresentarle.
Cristina T. Chiochia (Associazione Culturale SIFA)
Dive&donna: Il mansplaining nei percorsi emozionali-teatrali dell'autrice Cristina T. Chiochia
Un tema straordinario, dove il motivo trainante del femminismo in questo percorso emozionale racchiude un po’ tutte le arti, ricucite insieme attraverso la scrittura della Chiochia e che ha portato ad un nuovo tema sulle donne con il progetto "Dive & Donna" presentato in varie sedi e che debutterà a settembre sul tema del mansplaining, quel particolare “film mentale maschile” che si sviluppa in una spiegazione pseudo-amichevole maschile nei confronti di una donna. L’autrice Cristina Chiochia presenterà il percorso che ha portato allo spettacolo teatrale tratto dal suo libro di poesie “Ipogei”, con la proiezione di un breve video dell’attrice Roberta Pasquinucci ed un assaggio del progetto Nel nome di Hipazia, con l'intervento dell'attrice Anna Battaglia e sul libro Trilogia sul femminicidio: Hipazia e le altre, un libro poetico dedicato agli spettacoli realizzati ed ideati in questi ultimi tre anni da parte dell’Associazione Culturale SIFA. Uno spettacolo per ciascun anno sul tema della donna al potere e del perché il femminismo fa così paura.
Cristina Chiochia è consulente legale specializzata in counseling legale ed artistico espressivo. Laureata con una tesi in Criminologia alla Facoltà di Giurisprudenza della Statale di Milano, poi un Master in Tecniche di valutazione e monitoraggio dei servizi sociali presso l'istituto IARD con stage sulle bozze legislative ed i centri di pronto intervento handicap, ha un Post- Lauream in Primo ascolto e counseling in sessuologia. Ha conseguito il Certificato di Compiuta Pratica Legale presso l’Ordine degli Avvocati di Milano e collaborato con: Centro Donne Maltrattate, Centro Ausiliario Problemi Minorili e Tribunale dei Minori di Milano e Regione Lombardia. Tramite la Curia Arcivescovile di Milano e l’Istituto Velazquez , ha insegnato svolgendo attività di counseling attraverso l'insegnamento sia frequentando specifici corsi ed incontri sia collaborando poi con altri enti (tra cui Eidos, Acof, Confalpi, Fondazione Humaniter). Ha vissuto in Spagna dove ha concluso il suo percorso di Esperto in Formazione Individuale e di Gruppo. Ha collaborato con Associazioni Studentesche in ambito Internazionale e strutturato percorsi di personalizzazione attraverso il counseling in Italia ed all'estero (Atene, Siviglia, Bruxelles, Lussemburgo). E' tra i soci fondatori dell'associazione culturale SIFA-spettacolo, intrattenimento, formazione culturale e arte- essendo anche attrice professionista diplomata alla Società della musica del teatro e del cinema e al 1999 autrice teatrale: per anni autrice iscritta in SIAE nella sezione Opere Drammatiche e nel 2010 è stata inserita nell'albo degli scrittori italiani emergenti , il suo spettacolo "minimacromundi" ha vinto il contest di startArtist per Expo2015 dove è stato presentato nel sito espositivo di Rho nel Padiglione della Societa' Civile e il suo progetto video "la mela di cera" inserito negli ShortMovie presso il Padiglione Zero e ivi proiettato ; è stata anche insegnante di teatro presso la Fondazione Umanitaria di Milano dal 2006 al 2015.
Antropologia delle Tenebre - Vampiri, non morti e ritornanti
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Prima parte: vampiri
1) Origine ed evoluzione della figura del vampiro. Un’analisi psicosociale.
Claudia Zecchini
La figura del vampiro è tra le più note dell'immaginario fantastico. Soprattutto negli ultimi anni molti libri e film si sono concentrati su questi esseri, in un certo senso sdoganandoli dall'ambito horror in cui nei decenni scorsi erano per lo più relegati. La fascinazione per la figura del vampiro, del ritornante dall'aldilà, è però di origini molto più antiche. Nato come frutto della suggestione popolare e dell'atavica paura dell'ignoto che aspetta tutti al termine della vita, il vampiro ha nel corso dei secoli mutato più volte forma e comportamenti, incarnando di volta in volta le paure, le morbose curiosità e le pulsioni sociali del periodo, trasformandosi da cadavere enfiato eppur camminante a figura misteriosa e ammantata di terrore, da nobile signore del castello ad affascinante dandy richiesto in feste e salotti, fino ad arrivare ad essere una persona qualunque, celato sotto un'apparenza pressoché ordinaria e vittima più di chiunque altro del bisogno di appartenenza alla società. Le ragioni dei cambiamenti via via occorsi a questa figura sono da ricercare nell'evoluzione della cultura e della psiche umana nel corso dei secoli, unitamente al progressivo ramificarsi della società in cui viviamo, che si evolve diventando un organismo sempre più complesso.
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2) Storia del vampirismo europeo nell’età moderna: le fonti principali.
Jennifer Radulović
L’intervento si prefigge di esporre, in sintesi, alcune delle fonti storiche principali che testimoniano il fenomeno di psicosi collettiva e le credenze popolari relative a revenants, non morti e vampiri nell’Europa centrale, orientale e balcanica tra la fine del XVI secolo e il XIX.
Si tratta, in particolar modo, di resoconti di funzionari amministrativi o di studiosi che si sono imbattuti in comunità interessate da disordini, esumazioni abusive e pratiche rituali (dalle preghiere comunitarie a interventi diretti sulle salme), causate dalla convinzione di presenze soprannaturali o demoniache. Gli accadimenti principiavano di solito da eventi funesti e straordinari, quali omicidi, concatenazione di morti non spiegabili (adducibili a diffusione epidemica) lutti improvvisi, cattivi raccolti o carestie che trovavano senso all’interno delle tradizioni e delle superstizioni locali e potevano essere bloccati solo per mezzo di riti volti a liberare e a neutralizzare le creature malefiche sul piano fisico e spirituale. Basilari competenze tanatologiche dimostrano come i segni riferibili al vampiro rientrassero invece nelle normali fasi di decomposizione dei cadaveri. Il fenomeno assunse proporzioni allarmanti soprattutto nel Settecento – il cosiddetto “secolo dei vampiri” – tanto che l’imperatrice Maria Teresa d’Austria incaricò l’archiatra di corte di redigere una relazione sul vampirismo. In quel periodo furono attivi i primi “vampirologi” della storia.
Jennifer Ljiljana Radulović ha conseguito il Dottorato di Ricerca in “Studi storici e documentari”, curriculum medievale presso Università degli Studi di Milano, Tutor: prof.ssa Elisa Ester Occhipinti; co-tutor prof. Giancarlo Andenna; Titolo tesi: L’Ungheria nella prima metà del Duecento. Rivolgimenti interni e pressioni esterne. Diploma di Stato in “Archivistica, Diplomatica e Paleografia”, presso Archivio di Stato di Milano.
3) I vampiri sono tra noi?
Armando Toscano
Dalle fascinazioni gotiche di Bram Stoker ai best-seller di Anne Rice, non trascurando l'enormità della tradizione orale e del senso comune, la figura del vampiro impone alla psicologia una domanda assai basilare: cos'è la psiche? Per esplorare il quesito dobbiamo tornare agli albori della disciplina, verso la seconda metà del XIX secolo, quando il dibattito sullo statuto scientifico della Psicologia iniziava a comportare le prime grosse spaccature. Ecco che emerge da un lato la rappresentazione della psiche come sostanza metafisica, nell'idea del magnetismo animale ereditata da Franz Anton Mesmer come nella vis vitalis di Ernst Weber; dall’altro, la scoperta della natura elettrica della conduzione nervosa, sembrava aver dato una rilevanza fisica all’energia psichica, guidando Freud e i suoi allievi ad addentrarsi con sicurezza scientifica nelle profondità dell’inconscio umano. Il senso comune, non da meno, trascritto fin nella Bibbia, ha attribuito al sangue stesso valenza psichica. Per quanto inaccettabile sul piano scientifico l’esistenza di una psiche metafisica, nell'esperienza quotidiana diciamo spesso "Ascoltare quella persona mi ha lasciato senza energie"; e allora viene da chiedersi: e se i vampiri fossero davvero tra noi?
Armando Toscano è libero ricercatore sociale, laureato in Psicologia Sociale e Cognitiva presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca con tesi sulle Leggende Metropolitane. Si occupa in ambito aziendale di consulenza HR, formazione manageriale e ricerca valutativa, in ambito clinico e sociale di ricerca-azione psicoeducativa e counselling. Tiene per l’Università eCampus seminari sulla Gestione del Tempo e sull’Apprendimento Efficace.
Seconda parte: non morti e ritornanti
4) Morti e anime confinate in Valle Camonica e nelle vallate bergamasche
Loris Bendotti – Luca Giarelli
L’intervento intende illustrare la figura delle «anime confinate» o cunfinàcc riscontrabili nell’antico folclore della Valle Camonica e delle vallate bergamasche (Lombardia nord-orientale). Con questi termini la popolazione locale si riferiva a delle anime di persone decedute che non avevano compiuto un regolare percorso verso l’aldilà, ma rimanevano a molestare i vivi sulla terra. Per tale motivo i revenant venivano relegati, con l’aiuto di parroci, in alcune aree del territorio dove non potevano creare danno, spesso vallate isolate o cime dei monti. Per questo motivo venne dato loro il nome di «confinati». Il tema dei morti è presente in numerosi racconti orali delle aree in oggetto, legandosi strettamente a quello della religiosità popolare e della propria interpretazione del credo ufficiale. L’argomento sarà affrontato nel contesto dei racconti e delle testimonianze riguardanti la persistenza dei morti nell’aldiquà e del loro rapporto con i viventi, con una rapida illustrazione delle altre figure mitologiche «oscure» della tradizione locale: folletti, pe de cavra, diavoli, pagani e le celebri streghe del Tonale.
Loris Bendotti è antropologo, membro della Società Storica e Antropologica di Valle Camonica, si occupa di valorizzazione del patrimonio immateriale delle vallate alpine (e-mail: loris.bendotti@ssavalcam.it).
Luca Giarelli è Presidente della Società Storica e Antropologica di Valle Camonica, opera nella valorizzazione turistica e culturale della Valle Camonica attraverso studi, pubblicazioni, conferenze e manifestazioni (e-mail: luca.giarelli@ssavalcam.it).
5) Morti che mangiano. Ovvero, morti mangiati. Il giorno dei defunti a Palermo.
Dario Inglese
La notte del 2 novembre cade uno dei momenti più importanti del calendario festivo palermitano. È lu jornu di lì morti: i defunti fanno visita ai propri congiunti rimasti in vita e tornano temporaneamente alle loro vecchie case. Ogni famiglia si prepara imbandendo una mensa nella stanza più bella e ponendo al centro della tavolata u cannistru: un cesto in vimini pieno di leccornie. Ai bambini si racconta che arriveranno i morti a mangiare e riposare un po’. In cambio, porteranno doni e lasceranno che i piccoli mangino le cibarie il giorno seguente. Elementi chiave quali il cibo e la dimensione comunitaria del suo consumo, il dono, lo scambio e l’elaborazione rituale del cordoglio s’intrecciano in questa notte dai molteplici significati. I morti tornano ciclicamente a rinvigorire la comunità e, non a caso, hanno un rapporto privilegiato con i bambini, figure liminali e non ancora pienamente socializzate.
Attraverso i ricordi del bimbo che ha vissuto tante di quelle sere e le riflessioni dell’antropologo che tempo dopo, con qualche anno in più ma con la stessa curiosità, si è occupato del ciclo festivo siciliano, racconterò cosa accade quella notte. Come ci si prepara, cosa si prova nell’attesa e quali possono essere i significati profondi di questo giorno.
Dario Inglese ha conseguito la Laurea Triennale in Beni Demo-etnoantropologici all’Università degli Studi di Palermo e la Laurea Magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche all’Università degli Studi di Milano Bicocca. Si è occupato di folklore siciliano, in particolare di cultura materiale e mestieri tradizionali, cicli festivi e antropologia religiosa. A Milano ha perfezionato il suo interesse per l’epistemologia della ricerca etnografica e ha discusso una tesi sull’esperimento di antropologia applicata Human Terrain System condotto dall’esercito americano in Afghanistan e Iraq. Attualmente sta sviluppando un progetto di ricerca sull’identità professionale dei lavoratori precari.
6) Morti da un aldilà che non c'è: concezioni della morte tra i Crow del Nord America
Marco Menicocci
I Crow del Nord America non dispongono di una precisa cognizione dell’aldilà ed è loro estranea qualsiasi concezione di sopravvivenza dei mori. Nondimeno i morti costituiscono, in diversa maniera, un pericolo o un ausilio: Il turbine ventoso che di giorno si presenta improvviso è un morto che cerca di travolgere i vivi; le esperienze dei “ritornati” che hanno raggiunto il villaggio dei morti e tornano indietro testimoniano una nostalgia mortale; la maledizione del nemico, il tocco delle cui mani pietrifica il guerriero è il rischio dell’eccesso di coraggio; i guerrieri morti nel villaggio, che devono essere “bloccati” e resi inattivi, prova il contagio pericoloso della morte; infine il sussurro dei morti che aiuta a ritrovare oggetti smarriti e parenti lontani. I dati etnografici raccolti nel periodo in cui lo sfaldamento della cultura originaria si rivela irreversibile, trasformano l’aldilà in un luogo nostalgico ove fuggire dall’invivibile quotidianità.
Marco Menicocci dirige da dieci anni la rivista Antrocom Online Journal of Anthropology ed è membro fondatore di Antrocom Onlus. É iscritto all'Albo dei Giornalisti dal 1991 e ha pubblicato un manuale di storia delle religioni, Antropologia delle religioni, e uno studio sulla subcultura pornografica, Pornografia di massa, entrambi con Edizioni Altravista; ha insegnato per vari anni Storia delle religioni e Storia della filosofia contemporanea presso l'ISR "M. Centra" di Velletri. Da alcuni anni si occupa dell'area delle pianure nel N. America e ha tenuto comunicazioni in vari convegni internazionali.
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